Di recente, un nostro antenato è balzato agli onori della cronaca per un gesto compiuto circa un secolo e mezzo prima.
Pur augurando lunga vita in piena longevità, non sapremo mai per voce dell’autore cosa stesse pensando esattamente quando scrisse il suo messaggio e a chi volesse indirizzarlo realmente.
Le ragioni che spingono le persone ad inserire un biglietto avvolto in bottiglia a futura memoria dei posteri sono svariate e spesso romantiche, alcune custodivano richieste soccorso, confessioni d’amore o congedi ma tutte esprimevano un concetto di tramandare un messaggio. Nel corso del tempo sono state ritrovate numerose bottiglie con messaggi arrotolati nello spago, chiusi da tappi di sughero, in fondo al mare o in galleggio affidando al Signore od all’ignoto.
L’odierno approccio ambientalista di abbandonare una bottiglia nel mare verrebbe mal vista e forse raccolta senza badare al suo contenuto a prescindere dal nobile intento di lasciare un messaggio. Il rischio che possa naufragare il messaggio è alto, ma vale la pena di tentare almeno con il pensiero e immaginare a chi, cosa e perché trasmettere un messaggio.
Ai giorni nostri gli ormeggi della navigazione digitale rendono più sicuri e trasportabili nel tempo storie, pensieri, sguardi, visi, parole e desideri fino a nuovi orizzonti comunicativi, conservati e trasmessi ai posteri con certezza attraverso la spedizione di una semplice email scongiurando l’onda di un virus che porti tutto alla deriva.
Il consiglio spassionato propone di manifestare le video volontà utilizzando la tecnologia e lasciare la bottiglia mezza vuota di buon vino sopra il tavolo del computer da cui è partito il video testamento.
Alcuni messaggi sono dichiaratamente andati perduti, altri giacciono ancora nei fondali e li vi resteranno per chissà quanto tempo. L’intenzione comune era sempre la medesima: manifestare una volontà da trasmettere ai posteri. Molti ricordano l’appassionante storia di un marinaio giapponese di nome Chunosuke Matsuyama naufragato su un’isola deserta, da dove inviò un messaggio in bottiglia raccontando la la propria storia incisa su un pezzo di legno di cocco; bottiglia ritrovata 150 anni dopo vicino al villaggio giapponese di Hiraturemura.
Commovente anche il messaggio dei cugini Jeremiah Burke e Nora Hegarty, che lasciato in mare prima di morire nel più noto degli affondamenti della storia, hanno scritto semplicemente: “Dal Titanic, addio a tutti, Burke di Glanmire”; la bottiglia fu ritrovata un anno dopo la tragedia e fu conservata dalla famiglia per quasi un secolo, prima di essere donata al Cobh Heritage Centre nel 2011. Ugualmente emozionante l’idea che ebbe Thomas Hughes, soldato britannico impegnato nella Seconda Guerra Mondiale, che nel 1944 inviò una lettera alla moglie tramite una bottiglia lanciata nelle acque del canale della Manica, prima di morire in combattimento due giorni dopo.
La lettera in questione però venne ritrovata solo nel 1999, vent’anni dopo la morte della moglie; così il pescatore che la recuperò decise di inviarla alla nipote in Nuova Zelanda.
Il messaggio affidato ad una bottiglia è evidentemente una scelta romantica, lo sa bene Paolina, una donna siciliana che un giorno passeggiando sulla spiaggia recuperò la bottiglia lanciata in mare due anni prima da un marinaio svedese che si firmava come “Il vichingo” e che cercava una donna “bella e distante”.
Trovò proprio lei, che rispose: “Io non sono bella, ma sembra così miracoloso che questa piccola bottiglia abbia viaggiato così lontano e così a lungo per raggiungere me, che devo inviare una risposta!“. Ottima idea, i due finirono per diventare marito e moglie.